Dazi USA, Vanini «L’impatto produrrà un calo di 50mila veicoli, mettendo a rischio 3 mila posti di lavoro»


Plinio Vanini, vicepresidente di Federauto, lanci l’allarme in merito alle ricadute che potrebbero abbattersi sulla filiera automotive europea, con effetti diretti anche sul nostro Paese

Tremila posti di lavoro a rischio a causa di un calo di 50mila veicoli per i soli concessionari. Un colpo che rischia di diventare ferale su un comparto che già soffre a causa delle decisioni legate alla decarbonizzazione. I numeri sono chiari. A farli parlare esprimendo la forte, fortissima preoccupazione per l’imposizione dei dazi decisi dal presidente americano Donald Trump che colpiscono tutti i Paesi, ma che hanno un impatto particolarmente forte sul settore automotive europeo, «già penalizzato da una decarbonizzazione che si muove sul terreno dell’ideologia anziché su quello del realismo» come dice il presidente di Federauto Massimo Artusi, è per primo Plinio Vanini, vicepresidente di Federato e patron di Autotorino, il gruppo di Cosio Valtellino top dealer automotive che quest’anno festeggia i suoi 60 anni di attività.

Vanini sa bene di cosa parla forte dei traguardi raggiunti dal Gruppo negli anni: nel 2015 primo Concessionario in Italia, nel 2017 prima realtà italiana ad entrare tra i 50 maggiori dealer europei della ICDP Guide to Europe’s Biggest Dealer Groups e, nel 2024, ventottesimo posto entrando nella “Top 30” e confermando la posizione di unica azienda italiana in classifica.

«Per il solo comparto dei concessionari, l’impatto dei dazi produrrà un calo di 50 mila veicoli, mettendo a repentaglio 3 mila posti di lavoro. Si tratta di una prospettiva preoccupante – sottolinea Vanini – che mette in ulteriore grave difficoltà il settore della distribuzione degli autoveicoli, già sottoposto a forti tensioni determinate dall’introduzione dell’agenzia e dall’impatto delle normative sulla transizione energetica che, se dovessero prevalere, colpirebbero pesantemente un comparto che dà lavoro a oltre 90 mila persone tra dipendenti diretti e indiretti».

Per questa ragione secondo Vanini bisogna «intervenire immediatamente anzitutto per neutralizzare le politiche del Green Deal perseguite dalla Commissione Ue il cui tenore non è sostenuto dal mercato. Ma anche con misure che diano al nostro settore quella certezza di cui ha bisogno per garantire non solo i livelli di occupazione, ma anche il servizio ai cittadini. In questo senso sarà necessario semplificare le troppe e onerose regolamentazioni a cui è sottoposto l’automotive, in particolare per quanto riguarda gli standard di sicurezza, le normative sulle emissioni e le procedure di omologazione, e individuare nuove iniziative che stimolino il mercato interno, in modo da creare un circuito virtuoso che non penalizzi i cittadini-consumatori, sui quali rischia di scaricarsi l’effetto finale di questa guerra commerciale, che non potrà che essere una contrazione del mercato e un conseguente invecchiamento del parco: che vuol dire più inquinamento, più climalteranti e meno sicurezza».

Secondo il presidente Artusi l’Europa e l’Italia devono misurare le loro risposte all’iniziativa di Washington in modo pragmatico. «Noi siamo sempre stati contrari a guerre daziarie – dice Artusi – perché, dietro le illusioni muscolari che le motivano, provocano solo disastri: soprattutto in un mondo ormai globalizzato, come quello che viviamo, i dazi non favoriscono i commerci, distorcono i mercati, rallentano la produzione, generano inflazione e ricadono sull’occupazione».

Da questo punto di vista secondo Artusi il settore dell’automotive è paradigmatico: «I dazi peseranno in negativo sulle auto europee esportate negli Usa, su quelle fabbricate negli Usa da produttori europei e su quelle dei produttori americani che utilizzano componentistiche europee – spiega -. A questo quadro bisogna aggiungere l’impatto diretto sulla componentistica e quello, indiretto, sulla logistica che sarà sicuramente rallentata, complicata e resa più costosa per le procedure di frontiera. Si tratta di un ventaglio di ricadute così ampio che è difficile oggi prevederne il peso reale, al di là delle prime reazioni delle borse che hanno immediatamente mostrato con drammatica chiarezza di non gradire queste misure».

Ed è proprio partendo dalle prime risposte dei mercati finanziari che Federauto si augura che l’Unione europea sappia trovare una risposta univoca e capace di disinnescare la spirale perversa dei dazi incrociati, «attraverso una mediazione efficace che in particolare sul vitale settore dell’automotive riesca a trovare un accordo di libero scambio – dice Artusi – o quanto meno a ridurre il peso dell’imposizione daziaria, compensandola anche con misure non tariffarie, a cominciare dall’ormai attesa revisione dei target e degli standard del Green deal, che mantengano la competitività dell’industria automobilistica europea e riportino il cliente-consumatore al centro delle politiche del settore»..

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