Secondo un’approfondita analisi condotta dal Centro Studi di Confcommercio Milano Lodi Monza e Brianza, gli USA costituiscono il primo partner commerciale per l’area milanese, con un peso dell’11% sul totale dell’export e un valore che supera i 6,3 miliardi di euro.
A differenza di altre province lombarde, Milano ha una dipendenza significativa dal mercato americano, soprattutto in settori strategici come il farmaceutico e la moda”. Lo studio mette in evidenza come, in un contesto italiano che nel IV trimestre 2024 ha mostrato una crescita del PIL dello 0,5% rispetto allo stesso periodo del 2023, Milano stia vivendo una fase di particolare esposizione ai rischi del commercio internazionale. Nonostante a livello nazionale l’export sia cresciuto su base annua del 3,9%, le vendite verso gli Stati Uniti hanno registrato un calo del 3,7%. Il quadro appare ancora più preoccupante se si considera che il grado di apertura verso gli USA, misurato dal rapporto tra esportazioni e valore aggiunto totale, è rimasto pressoché stazionario nell’ultimo decennio, attestandosi al 3,2% per la Città metropolitana di Milano.
L’andamento recente dell’export e i settori più esposti
Nei primi nove mesi del 2024, l’export milanese verso gli Stati Uniti ha mostrato segni di difficoltà, con una contrazione del 7% rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo un valore di circa 4,5 miliardi di euro. Questo dato risulta particolarmente allarmante se confrontato con l’aumento del 14% registrato dalla provincia di Lodi e la contenuta diminuzione del 2% della provincia di Monza e Brianza.
L’analisi settoriale mostra che l’export milanese verso gli USA è concentrato principalmente in cinque settori strategici: i prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (17,5%), le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (13,5%), i macchinari (12,6%), gli articoli in pelle (11,7%) e l’abbigliamento (10,5%). Questi comparti, che rappresentano insieme oltre il 65% dell’export verso gli Stati Uniti, sarebbero i più colpiti da eventuali dazi.
Le percezioni e le strategie delle imprese
I risultati di un sondaggio condotto dal Centro Studi di Confcommercio lo scorso febbraio 2025 mostrano un clima di incertezza: il 34% degli intervistati prevede un peggioramento della situazione economica nei prossimi mesi del 2025 a causa delle tensioni geopolitiche in atto, mentre il 44% si aspetta una situazione stazionaria e solo il 22% manifesta ottimismo. Tra le imprese rispondenti, il 31% opera sui mercati esteri, con diverse combinazioni di attività: il 27% pratica solo export, il 34% solo import, e il 39% entrambe le attività. Significativo il dato che riguarda le imprese esportatrici: il 62% di esse ha scambi commerciali con gli Stati Uniti, e per una parte rilevante il possibile aumento dei dazi americani potrebbe causare una riduzione dell’export. L’indagine ha rilevato che per il 20% delle imprese che esportano negli USA, il mercato americano rappresenta oltre il 10% del fatturato totale, una percentuale che rende queste aziende particolarmente vulnerabili a eventuali misure protezionistiche.
Il profilo delle imprese a rischio
Le imprese milanesi maggiormente esposte al rischio dazi operano principalmente nei settori della vendita non alimentare (25%), come agenti e intermediari (14%), produttori/esportatori (13%) e importatori/distributori (10%). Dal punto di vista dimensionale, si tratta in prevalenza di piccole e medie imprese: il 45% ha meno di 4 addetti, mentre solo l’8% supera i 50 dipendenti. La concentrazione geografica vede Milano come epicentro, con il 66% delle imprese intervistate che ha sede nel capoluogo, seguita da Monza e Brianza (12%) e Lodi (5%).
Le strategie di adattamento e diversificazione
Di fronte alla minaccia dei dazi, le imprese milanesi stanno elaborando diverse strategie. Secondo il sondaggio, le alternative ritenute più efficaci per risolvere le possibili criticità sono principalmente l’aumento dei prezzi di vendita (37%), la diversificazione dei mercati (35%) e la riduzione dei margini di profitto (21%). Solo il 2% considera l’interruzione degli scambi commerciali con gli USA come opzione praticabile. La diversificazione dei mercati emerge come strategia crucial. Le imprese milanesi stanno guardando con crescente interesse ad altri mercati, dall’Asia all’America Latina, per ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti”. In questo contesto, il 56% delle imprese che operano sui mercati esteri è a conoscenza degli accordi di libero scambio che l’Unione Europea sigla con i Paesi terzi, e il 63% li valuta positivamente. Questi accordi, che prevedono l’azzeramento o la forte riduzione dei dazi in export e import, rappresentano uno strumento utile per diversificare i mercati di sbocco o di approvvigionamento.
Tuttavia, emerge una scarsa conoscenza di accordi specifici: ad esempio solo il 38% delle imprese intervistate operanti sui mercati esteri è a conoscenza dell’accordo UE-Mercosur (siglato con Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay), un’intesa che potrebbe rappresentare una valida alternativa per alcune aziende attualmente dipendenti dal mercato statunitense. Il tessuto imprenditoriale milanese, caratterizzato da PMI con forte vocazione internazionale, rischia di pagare un prezzo elevato all’inasprimento delle tensioni commerciali. La capacità di adattamento e diversificazione sarà cruciale per affrontare questa fase di incertezza, ma si tratta di una strategia che richiede tempi lunghi, mentre già solo le minacce di dazi stanno creando instabilità che Milano non si può permettere.
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