“I dazi al 10 per cento sono ugualmente un problema per le filiere produttive globali e locali: evitiamo quindi facili trionfalismi. Quella di Trump è solo una tregua parziale, che deve responsabilizzare ulteriormente la politica italiana ed europea. L’incertezza pesa e può innescare pesanti effetti domino; per questo si deve accelerare su una vera politica industriale con azioni concrete a sostegno della manifattura. Anche l’Europa deve essere vicina alle imprese. Deve cambiare rotta perché al centro deve tornare l’impresa e l’industria, perché noi come imprese e industrie ci occupiamo del bene generale, del bene dei paesi e del lavoro, perché industria e lavoro sono la stessa cosa. Non c’è più tempo”.
A dirlo è Lorraine Berton, presidente di Confindustria Belluno Dolomiti, associazione che nei giorni scorsi ha avviato una task-force a supporto delle aziende del territorio proprio per orientarsi in materia di dazi e commercio estero. La provincia di Belluno, tra le più manifatturiere d’Italia e d’Europa, è particolarmente esposta, avendo un tasso di export che sfiora complessivamente il 70 per cento.
«Nonostante il parziale dietrofront di Trump, la guerra dei dazi è ancora in corso e tutta da decifrare, senza dimenticare che automotive, alluminio e acciaio – settori strategici per l’economia dei territori – non sono contemplati in questa tregua. Dire che i dazi sono stati tolti, o trasmettere questa idea, è fuorviante”, la fotografia di Berton, che resta “preoccupata”: “Si è aperta una nuova stagione di tensione e incertezza: l’unico modo per scendere da queste montagne russe, è approntare subito una strategia di impatto con risorse vere e agevolazioni per le spese di investimento. Mettere in sicurezza la manifattura europea deve essere una priorità per tutti i nostri governanti», prosegue Berton.
«Ha ragione il nostro presidente Orsini – afferma ancora la leader degli industriali bellunesi – quando dice che serve un grande piano di incentivi per aiutare le nostre imprese, perché il 94% delle nostre imprese sono piccole e devono essere accompagnate per andare all’estero. Serve supporto per l’innovazione e la trasformazione dei prodotti».
«Questa nuova guerra commerciale – conclude Berton – ci vede tra due fuochi: da un lato gli Usa che alzano barriere in ingresso, dall’altro la Cina pronta a immettere ancora più prodotti in Europa. La strada è stretta e il tempo a disposizione è poco: per competere dobbiamo essere messi nelle condizioni di investire e sostenere i costi delle transizioni green e digitale. Senza manifattura, l’Europa – con le sue specificità territoriali – muore».
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